Condominio

Le attività commerciali nel condominio.

Molti degli spazi condominiali al piano terreno sono utilizzate, specie nelle città, come attività commerciali più che come unità abitative.

Queste realtà possono sembrare, a volte, avulse e lontane dalla vita condominiale e sono, invece, condòmini a tutti gli effetti.

I problemi di convivenza con i condòmini residenti sono generalmente di due tipologie: problemi del condominio verso il negozio a causa dell’invasività dei clienti (ad esempio parcheggi “servaggi davanti al negozio”) e delle strutture dell’attività commerciale (cartelli, insegne ecc.), e problemi dei proprietari dei negozi i quali sovente lamentano di dovere pagare spese condominiali per servizi quasi mai utilizzati.

In merito alla questione dei clienti, è certo che spetta al negoziante disciplinare i propri clienti invitandoli a parcheggiare negli appositi spazi e non in doppia fila o davanti al portone del palazzo, ma che comunque in ultima analisi spetti ad ogni cittadino di rispettare le norme del codice della strada e le regole di civile convivenza.

Starà quindi al proprietario del negozio di sensibilizzare i propri clienti abituali invitandoli a tenere condotte stradali che non impediscano ai condomini il libero accesso allo stabile.

Nel caso di reiterazione della sosta selvaggia, comunque, oltre ad avvertire la polizia stradale per ottenere la rimozione dei veicoli, si potrà domandare all’amministratore di condominio l’istallazione (compatibilmente con le regole comunali) di dissuasori di sosta da realizzare di fronte all’ingresso del palazzo di modo da rendere impossibile il parcheggio delle autovetture.

La vicenda dei cartelli e insegne pubblicitarie del negozio, invece, deve essere considerata alla luce dell’articolo 1102 del Codice Civile, che afferma al primo comma che “ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto”.

Il negoziante potrà quindi, chiesti i permessi necessari alla pubblica amministrazione e a sue spese, fare apporre una insegna al fine di promuovere il proprio negozio.

 

Salvo il limite del rispetto del decoro architettonico dello stabile (e il rispetto delle norme vigenti), quindi, il negoziante sarà libero di istallare insegne e cartelli sulla facciata del condominio utili a pubblicizzare il proprio commercio.

L’ultimo comma dell’articolo 1120 del Codice Civile afferma infatti che “sono vietate le innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico”.

I condomini, tuttavia, potranno all’unanimità modificare il regolamento contrattuale vietando l’apposizione di insegne o targhe nel condominio e in particolare “con il consenso unanime i condomini, possono derogare od integrare la disciplina legale e, in particolare, possono dare del concetto di decoro architettonico una definizione più rigorosa di quella accolta dall’articolo 1120 del Cc, estendendo il divieto di immutazione sino a imporre la conservazione degli elementi attinenti alla simmetria, all’estetica, all’aspetto generale dell’edificio, quali esistenti nel momento della sua costruzione od in quello della manifestazione negoziale successiva” (Cassazione sentenza n. 12582 del 17 giugno 2015).

Non tutte le problematiche, però originano dal condominio.

Esistono, nella pratica di tutti i giorni, frequenti lamentele da parte dei proprietari dei negozi i quali, limitando il proprio accesso al negozio e alle ore diurne, non ritengono dovute alcune spese del palazzo relative ad un uso più residenziale.

Spesse volte il negoziante si sente parte avulsa rispetto allo stabile, dato che magari non partecipa alle assemblee, non utilizza scale e ascensori e vi si reca solamente durante le ore di apertura.

Di conseguenza può capitare che il commerciante veda come un’ingiustizia il fatto di dovere pagare spese come la manutenzione dell’ascensore, la pulizia delle scale o il riscaldamento anche nelle parti comuni.

Tale ragionamento, tuttavia, non pare corretto.

Il negozio, pur se apparato commerciale, è a tutti gli effetti parte integrante del condominio.

L’articolo 1118 del Codice Civile prevede in punto gestione e utilizzo delle parti comuni che “il condòmino non può rinunziare al suo diritto sulle parti comuni” e che “il condòmino non può sottrarsi all’obbligo di contribuire alle spese per la conservazione delle parti comuni, neanche modificando la destinazione d’uso della propria unità immobiliare, salvo quanto disposto da leggi speciali”.

Certamente, quindi, anche il proprietario del negozio deve corrispondere le spese condominiali in base ai millesimi di competenza.

Gli esempi sopra riportati non rappresentano che una parte delle controversie legate alla atipica convivenza tra attività commerciali e condomini.

Si può affermare che in molti casi l’unica risposta possibile per evitare che i conflitti degenerino in costose liti giudiziali sia quella di comunicare le eventuali problematiche all’amministratore, ma avere un elevato grado di tolleranza, ponendosi nei panni dell’altra persona e cercando di comprendere le ragioni.

E’ comprensibile, infatti, che un condomino abbia diritto al riposo, ma questo può essere disturbato in caso il “vicino” del piano terra sia un affollato ristorante con un costante via vai dei clienti.

E’ certo che un buon amministratore ha il ruolo, spesso non facile, di tentare di conciliare gli interessi di tutti i condomini, arrivando a trovare compromessi e soluzioni.

La presenza di un regolamento condominiale preciso e con regole stringenti, a volte, è di per sé sufficiente per evitare conflitti che si verificano allorché le regole sono fumose o non sono applicate dall’amministratore (si pensi al rispetto degli orari, al rispetto del diritto dei parcheggi o a quello delle aree comuni).

Buon senso e un buon regolamento, quindi, possono mitigare, se non evitare del tutto, i problemi legati alla convivenza tra negozi e condomini.